Il carro del trionfo di Renzi Così come Alessandro il macedone entrò a Babilonia, Renzi sta per entrare a Palazzo Madama. Incensi, fiori e ghirlande. Il primo sconfisse Dario, ma il secondo ha fatto di più perché il Senato si è sgozzato da sé come Bruto e Catone fecero sulla loro stessa spada. Alessandro sul suo cocchio dorato aveva accanto a se leoni e giaguari, Renzi si accontenterà di Boschi e Madia ai lati della bicicletta. Il macedone venne considerato figlio del dio Ammone, Renzi di un dio altrettanto grande sopra il suo capo, Silvio Berlusconi. Perché si, Renzi è bravissimo, ma l’origine del suo successo è stata l’alleanza, “l’Entante Cordiale”, come l’ha definita Polito sul Corriere della Sera con Berlusconi. Se Prodi, D’Alema, o Amato, Bersani e persino Letta, avessero saputo stringere qualcosa di simile, i diversi tentativi di governo della sinistra sarebbero stati duraturi. Invece ci è riuscito solo Renzi e ragionevolmente Renzi con i buoni uffici di Berlusconi potrebbe durare anche un ventennio. Notate il formicolio nel centrodestra vecchio e nuvo, l’indaffarato cercare un successore a Berlusconi, il profluvio di dichiarazioni per ricordare che le intese vanno fatte innanzitutto con la maggioranza. Primo fra i persiani e ultimi dei romani. Il successore di Berlusconi c’è già: è Renzi stesso. Quanto alla maggioranza, la Ncd è solo un orpello. Senza Forza Italia Renzi sarebbe già andato a gambe all’aria. La politica italiana si prepara ad una svolta epocale, di cui la rottamazione era solo l’inizio. Siamo fortunati ad avere Renzi che ci spiega che grazie a lui un bel po’ di gente smetterà di vivere di politica. Gasparrì tornerà in redazione al Secolo d’Italia, Calderoli al suo studio dentistico, Finocchiaro in procura a Catania e così via. Davanti ad un Senato come quello che abbiamo visto negli ultimi anni, per non parlare solo di queste ultime settimane, nessun rimpianto. Eliminiamo uno spettacolo poco edificante, perchè i costi, cambiano poco. Se il problema erano “i costi” c’era ben altro su cui incidere e d’altra parte, aspettiamo qualche settimana, e ce ne accorgeremo. Ma almeno il Senato che abbiamo conosciuto, quello di Grasso e Crimi, non ci sarà più. Avremo quello delle Regioni. Se fosse già stato istituito nel 2012, comprenderebbe Errani, Maroni, Cota, Vendola e con loro chissà quanti governatori, consiglieri regionali, e sindaci, indagati o già condannati. Un’altra storia, un arco di problemi che vedremo poi di affrontare. Ora per Renzi è il momento del trionfo, inutile turbarlo e badate che non lo turberanno quei disperati e vinti senatori delle opposizioni con la loro perenne indecisione sul da farsi, se devono partecipare ai lavori dell’aula o uscirvi o cosa. Un esercito in rotta, cosa volete faccia? Contestare la riforma? Lecito per carità, finché contesteremo, ci sarà una democrazia repubblicana, poi chissà. Ma in questo caso il problema è di completare la Riforma, che badate, ha scritto Berlusconi nel 2006. Il senato federale, la revisione del titolo V, sono capitoli di quella Riforma, che però erano sorretti dal rafforzamento dei poteri del premier. Anche un Senato federale è un bicameralismo ma senza coordinamento politico vi è la premessa dello scontro fra potere centrale e potere locale. Per evitarla, il centrodestra, attento egli equilibri dello Stato, voleva un premier forte. Renzi è forte, vero, ma non sulla base della Riforma. A rigori chiunque potrebbe seppellirlo, anche se non la Madia, non Boschi, non certo il suo protettore Berlusconi. E se il premier dovesse saltare, con Camera e Senato per loro conto, ecco lo sfascio della Repubblica bello che pronto. Per cui invece di contestare la riforma completiamola. Se il premierato ha fatto il suo tempo, c’è il presidenzialismo. Solo un presidente eletto dal popolo potrebbe tenere in pugno Camera e Senato e qualsiasi loro capriccio e salvare l’unità della Repubblica. Quando si è disperati si ricorre a tutto. Roma, 6 agosto 2014 |